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la bolla di piombo. Con tale insulto atroce ardì Barnabò di violare non solamente la riverenza che si deve al sommo sacerdote, ma i doveri che reciprocamente uniscono i principi e le nazioni fra di loro; e persino le sacre leggi d’ospitalità, che impongono, anche agli stessi popoli agresti e selvaggi, di non abusare della condizione d’uno straniero ricoverato in casa nostra. (1363) Uno di questi due abati era Guglielmo da Grimoaldo di San Vittore di Marsiglia, il quale, pochi mesi dopo di quest’obbrobrio, venne creato sommo pontefice e chiamossi Urbano V. È facile l’immaginarsi quai sentimenti dovesse poi avere Urbano V verso di Barnabò, da cui era stato insultato con tanta soperchieria. Egli, in fatti, con un breve dato di Avignone il giorno 3 di marzo dell’anno 1363, scomunicò solennemente Barnabò; lo dichiarò eretico, decaduto dall’ordine di cavaliere, spogliato d’ogni onore, diritto e privilegio; e comandò che alcuno non osasse più di trattare con lui. Nel breve della scomunica vi eran queste parole: propterea destruet te Deus in finem, evellet te, et emigrabit te de tabernaculo tuo, et radicem tuam de terra viventium. Inoltre, agli 11 di luglio dello stesso anno 1363, dal cardinale Egidio Alburnoz fece pubblicare la Crociata contro Barnabò, come già era stata pubblicata contro suo zio Galeazzo quarant’anni prima; e tale e tanto era in ciò l’impegno del papa, che (quantunque egli venisse istantemente sollecitato e da Pietro re di Cipro, e dal re di Francia medesimo, ad intimare una Crociata contro de’ Saraceni, che sempre più si tendevano formidabili