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i suoi antecessori Enrico VII, che noi diciamo VI, suo avo materno, e il combattuto Lodovico V. Non vi è dimostrazione di rispetto e di benevolenza che i Visconti abbiano dimenticata. Protestarono di riconoscere la loro signoria dall’Impero: e l’imperatore, al quale regalarono duecentomila fiorini d’oro, dichiarò i tre fratelli vicari imperiali ne’ loro Stati. Si fecero giostre, feste e corti bandite per onorare l’augusto ospite, e fra le pompe che i Visconti immaginarono in quella occasione, una singolarmente fu significante; e fu quella di passare schierati sotto le finestre di corte, ove alloggiava l’imperatore, seimila uomini a cavallo, signorilmente equipaggiati, e diecimila fanti; e i Visconti dissero a quel monarca che quelle forze e le altre molte che tenevano nelle altre città del loro Stato, erano tutte pronte per servigio suo. Per que’ tempi erano queste forze di molta considerazione. La cerimonia della incoronazione si celebrò in Sant’Ambrogio dall’arcivescovo Roberto Visconti, il giorno 6 di gennaio: e in quell’occasione il re Carlo creò milite il figlio di Galeazzo, cioè Giovanni Galeazzo, bambino di due anni. Questo bambino fu poi il primo duca, e diventò un potentissimo principe, come vedremo. Alcuni giorni dopo partì il re Carlo, e s’incamminò alla vòlta di Roma. Pretende Matteo Villani che questo re non fosse stato nelle mani dei Visconti senza inquietudine. Sarebbe questa una prova della pusillanimità di quel principe, giacchè non potevano sperare alcun vantaggio i Visconti nè da un affronto nè da un tradimento che gli facessero, allorchè era abbandonato nelle loro mani.
Prima che terminasse l’anno, il triumvirato fu tolto, e colla improvvisa morte di Matteo II lo Stato