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Il fine di questo canto, poema o diceria, qualunque si voglia chiamare, è ancora più rozzo del principio, e così termina:

Petro de Bescapè, ke era un Fanton,

Si a facto sto sermon,

Si il compilò e si la scripto.

Ad onor de Ihu Xpo

In mille duxento sexanta quattro

Questo libro si fo facto,

Et de junio si era lo premier dì

Quando questo libro se finì,

Et era in seconda diction

In un venerdì abbassando lo sol

L’antico manoscritto trovasi nella scelta libreria del signor conte Archinto. Non più felice del Bescapè fu il nostro frate Bonvicino da Ripa, i di cui poveri versi si trovano nella biblioteca Ambrosiana, fra i quali vedesi, che fino dall’anno 1291 si conoscevano quei versi che nei tempi a noi vicini si chiamarono Martelliani. Frate Bonvicino con tal metro compose le Zinquanta cortesie da Tavola, le quali così cominciano:

Fra Bon Vexin da Riva, che sia in Borgo Legnano,

D’ le cortexie da descho ne dixette primano:

D’ le cortexie zinquanta che s’ de osservare a descho

Fra Bon Vexin da Riva ne parla mo de frescho.

Costoro scrissero prima che Francesco Petrarca dimorasse in Milano; ma certo Galliano scriveva l’anno 1391; e ne conservano l’antico MS. i monaci di Sant’Ambrogio. Costui non lesse mai le dolci e sensibili rime del Petrarca; nè pose mai il piede nel suo Linterno; così questo rozzo scrittore terminò la sua cantilena:

E se di chi l’ha facta alcun se lagna

Digli che sta alla Pietra Cagna

In Milano

E facta sotto l’anno MCCCLXXXX uno