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allora era quasi due terzi d’un fiorino d’oro, ossia gigliato, che correva per trentadue soldi; così che la libbra di seta costava dodici gigliati e mezzo. Facilmente pure ognuno comprende quanto maggior pregio in que’ tempi dovesse aver l’oro, che nei secoli a noi più vicini è diventato assai più abbondante, per i paesi scoperti, per le nuove miniere scavate, e per la comunicazione del vasto commercio aperta fra tutti i popoli conosciuti della terra.
Della popolazione di Milano ce ne ha lasciata memoria Buonvicino da Ripa verso l’anno 1288. Quell’autore vivente dice che v’erano tredicimila porte di case, seimila pozzi, quattrocento forni per cuocere pane, e mille taverne di vino, centocinquanta alberghi pei forestieri, tremila ruote da mulino, e seimila giumenti che portavano la farina nella città; in cui dice ch’eranvi ducentomila abitanti, fra i quali quarantamila atti alle armi; che si mangiavano ogni giorno in Milano mille e ducento moggia di farina; che entravano ogni anno nella città cinquantamila carri di legna, duecentomila carri di fieno e seimila carri di vino, e si consumavano di sale in Milano staia seimilacinquecento. Questa descrizione facilmente si conosce che non merita fede. Seimila giumenti impiegati a portare mille e ducento moggia di farina al giorno sono incompatibili, mentre un moggio lo porta sulle spalle un villano robusto. Quarantamila uomini atti alle armi sono pure una cosa sconnessa. La popolazione di ducentomila abitanti suppongasi metà di uomini e metà di donne; dagli uomini si deducano i bambini, i fanciulli ed i vecchi; non rimarranno quarantamila uomini atti alle armi. Seimila carri di vino, suppongasi portar ciascuno dieci brente, saranno sessantamila