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industria del lavoro de’ pannilani, la quale crebbe dappoi e formò la ricchezza cospicua di Milano, era già presso di noi conosciuta anche prima del Fiamma, e poco dopo l’epoca di Federico I. Almeno in Como ed in Monza si lavoravano de’ pannilani fino dal 1216; poichè nell’antico esemplare che ritrovasi nella biblioteca Ambrosiana, vedonsi tassati i pannilani di Como e di Monza a pagare quattro imperiali per ogni pezza, entrando in Milano. Anche delle tele di cotone e de’ lini nostri se ne faceva spaccio, singolarmente in Levante, col mezzo de’ Veneziani e de’ Genovesi, ch’erano diventati assai ricchi e commercianti; avendo, i primi singolarmente, approfittato moltissimo col trasporto dei crocesignati, colla somministrazione de’ viveri alle Crociate, allorchè prudentemente tranquilli, in mezzo alla fermentazione universale, colsero l’occasione d’impratichirsi del mare e de’ porti del Levante, onde si resero arbitri del commercio d’Europa coll’Asia; la qual ricchezza si sparse anche sopra di noi ed animò la nostra industria. Nè i soli cavalli, le armature, e i pannilani e pannilini erano i capi del nostro commercio utile cogli esteri. Sino da’ primi anni del secolo decimoquarto eranvi da noi degli artefici che fabbricavano anche drappi di seta; e Niccolò Tegrimo, nella Vita di Castruccio Antelminelli, ci narra che, avendo Castruccio ed Uguccione della Faggiuola occupato Lucca l’anno 1314, i fabbricatori di drappi di seta vennero a rifugiarsi in Milano. La seta allora era sommamente cara; e un drappo di seta si valutava lire venti d’allora la libbra; e ognuno sa che la lira d’