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al suo tempo eranvi delle manifatture assai perfette e stimate al di fuori, e fra le altre vi si lavoravano gli elmi, le corazze e tutte le armature di ferro, speculorum claritatem excedentes. Soli enim fabri loricarum sunt plures centum, exceptis innumerabilibus subjectis operariis; e di queste nostre manifatture, dice quell’autore, che ne somministravano a tutta l’Italia non solo, ma se ne trasportavano persino ai Tartari ed ai Saraceni. Questa manifattura, di cui troviamo la materia ne’ monti vicini, si mantenne per molto tempo in Milano, e vediamo nell’estratto fatto poi, all’occasione del censo, dai libri delle gabelle dell’anno 1580, che si considerarono, dal Ragionato dell’Estimo Barnaba Pigliasco, da Milano trasportate agli esteri: armature di cavallo num. 100, a lire 55.10, lire 5650; armature da fante num. 390, a lire 33.15, lire 13163. Il Fiamma pure ci attesta che le nostre razze de’ cavalli erano della maggiore altezza e forza; e tali dovevano appunto ricercarsi nel secolo in cui dovevano portare alla guerra gli uomini tutti coperti di ferro, e talvolta gli arnesi istessi del cavallo erano del metallo medesimo, per assicurarlo dalle ferite. De’ cavalli nostri ne facevamo smercio assai nella Francia, a quanto ci attesta quell’autore contemporaneo; e tale era probabilmente il frutto dell’irrigazione estesa, e de’ nostri prati. Oltre questi due articoli di commercio, eravi già piantata l’industria del lanificio in Milano, ai tempi di Luchino e di Giovanni Visconti; e il Fiamma dice de’ nostri mercanti: Ipsi enim mercatores discurrunt per Franciam, Flandriam, Angliam, ementes lanam subtilem, ex qua in hac civitate texuntur panni subtiles in maxima quantitate, qui tinguntur omni genere tincturarum, qui per totam Italiam deferuntur. Quest’