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diramazione di acqua sulle terre venissero fatti a tal fine. Ma ho poi dovuto essere convinto che la coltivazione del riso presso di noi, è di molto posteriore a quelle opere pubbliche; e ne serve d’invincibile prova la tassa che il tribunale di Provvisione faceva delle droghe; e quella singolarmente che ha pubblicata l’esattissimo nostro conte Giulini, ove scorgesi che il giorno 18 aprile 1386 venne ordinato che gli speziali e i droghieri non possano vendere il riso più che a dodici imperiali la libbra. Questo decreto trovasi nell’archivio del tribunale di Provvisione, d’onde l’ha tratto il chiarissimo autore. Se il riso fosse stato, come oggidì, un prodotto della nostra agricoltura, non sarebbesi venduto dagli speziali e droghieri. Il prezzo poi di un soldo per libbra (avuto ragguaglio alla moneta di quei tempi) lo mostra ancora con maggiore sicurezza, anche paragonandolo alla tassa del mele sottile e fino, che in quel medesimo decreto viene fissata a un terzo meno del riso, cioè ad imperiali otto la libbra. Quest’irrigazione adunque serviva ai soli prati, e forse allora il clima di Milano era più salubre di quello che ora non è; da che si è ogni anno sempre più dilatata l’irrigazione, ed introdotta singolarmente la coltura dei risi; e perciò il Petrarca, fra le qualità che rendevano allora pregevole Milano, vi pose coeli salubritate, come poco anzi si è veduto. La nostra agricoltura ci produceva sorta di grani, frumento, segale, miglio, seligine, orzo, scandella. La coltura parimenti del lino e delle viti è antichissima presso di noi. I prati si andavano moltiplicando, perchè s’erano introdotte razze di cavalli, e il lusso aveva dilatato