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per tenersi lontani i nipoti; ma le insidie colle quali incessantemente li perseguitava nei paesi lontani, la miseria e la povertà nella quale gemevano sempre raminghi, sconosciuti ed erranti (ora nella Francia, ora nella Germania e persino nella Palestina, ove Galeazzo fu creato cavaliere del Santo Sepolcro), son prove d’un animo niente generoso, ma anzi vendicativo e crudele. Il Corio ci dice come Luchino aveva obtenuto che ’l papa haveva declarato che Barnabò e Galeazzo suoi nepoti, per lui relegati ale confine come suspecti de la fede, violatori de la pace, perjuri e detestandi, non puotessino contrahere matrimonio, e morendo manchassino de ecclesiastica sepultura, ne che imperatori ne re con epsi potessino havere confederazione, dil che tri jurisperiti, difendendo li prenominati fratelli, si appellarono de tanta nephandissima declaratione alo imperatore. E in fatti era cosa evidente che, volendosi dividere la signoria d’Azzone, i tre fratelli Matteo, Barnabò e Galeazzo avrebbero dovuto per giustizia possedere la porzione di Stefano, loro padre e fratello di Luchino e di Giovanni; e può darsi che l’ingiustizia che provavano, essendo esclusi nella divisione, fosse l’origine di questi guai. Gli avvenimenti sono lontani da noi, e non ci sono noti che per quel poco che alcuni ce ne hanno tramandato. L’indole di Barnabò e di Galeazzo era perversa, come dimostrarono poi; quindi Luchino avrà forse avute delle ragioni colle quali giustificarsi.

L’occasione della morte di Luchino la riferirò colle parole istesse di Pietro Azario. Voverat autem praedicta domina Elisabeth, ejus uxor, visitare ecclesiam Sancti Marci in Venetiis, ut dicebat.