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regolamenti, ed era severamente punita la prepotenza di chiunque. Stabilì in Milano un supremo giudice, che si nominò sgravatore, e nel latino di quella età exgravator: magistrato che si rese celebre in quei tempi per l’autorità, non meno che pel buon uso a cui l’impiegava. Questo sgravatore doveva sempre essere un forestiere, e non doveva avere nè moglie nè figli nè parenti in Milano. Anzi si portava la diffidenza al segno, che non era mai permesso allo sgravatore di andare a cibarsi in casa di alcuno, ma doveva sempre starsene solo in casa propria. Il ministero dello sgravatore era di decidere sommariamente e senza appellazione le querele di coloro che si credessero indebitamente gravati da qualunque altro giudice, e invigilare sulla retta amministrazione della giustizia. Il sistema delle strade nel circondario delle dieci miglia dalla città, che continuò sino ai giorni nostri, era d’istituzione di Luchino. In conseguenza di tali regolamenti, col favore della sicurezza pubblica, s’introdusse il commercio e l’industria. S’incominciarono a piantare a que’ tempi in Milano alcune fabbriche d’oro e di seta. L’agricoltura si rianimò, e se ne cominciarono a conoscere i raffinamenti. Si perfezionò la coltura della vite, e si principiò a preparare un vino più delicato, che chiamavasi vernaccia. S’introdussero razze di cavalli e di cani. La popolazione s’andava accrescendo. I costumi s’ingentilivano; e il Fiamma, deplorando, con poco giudizio, questi cambiamenti, rimproverava ai Milanesi de’ suoi giorni l’eleganza del vestire, la pompa degli ornamenti, la squisitezza delle mense e lo studio delle lingue forestiere: studio il quale fa conoscere che il commercio