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Di Luchino, di Giovanni arcivescovo, e dello stato della città sino verso la metà del secolo XIV
Il consiglio generale di Milano, nel giorno 17 agosto 1339, cioè nel giorno immediatamente dopo la morte di Azzone, che non lasciò figliuolanza, proclamò signori di Milano Luchino e Giovanni Visconti, zii paterni di Azzone, e i soli figli ancora viventi di Matteo I. Sebbene però a tutti due i fratelli fosse data la sovranità, e che gli atti pubblici per la maggior parte fossero in nome di entrambi, realmente però Luchino da solo disponeva d’ogni cosa. Giovanni era di placido e benigno carattere, e non volle mai contrastare col risoluto e qualche volta violento Luchino, il quale sapeva ben regolare lo Stato. I fatti mostrarono poi, quando Giovanni rimase a regnar solo, che nel partito da lui preso nessuna parte vi ebbero la debolezza o i vizi dell’animo; ma fu guidato dalla sola ragione e dalla virtù. Alle dieci città che lasciò Azzone, aggiunse Luchino Asti, Bobbio, Parma, Crema, Tortona, Novara ed Alessandria; e così divenne signore di diciasette città, la maggior parte sottomesse colle armi; il che gli rese nemici il conte di Savoia, il marchese di Monferrato, i signori Gonzaghi, i Genovesi ed altri Stati d’Italia, sbigottiti dalla forza preponderante collocata in così breve spazio di tempo nella casa Visconti; poichè ne’ primi tre anni del suo governo Luchino estese a tale ampiezza lo Stato. Oltre al dominio del marchese d’Este, cui Luchino aveva mosso guerra, le di lui armi eransi inoltrate fino