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cavar gli occhi. Federico II li conduceva nudi, legati a un palo, in trionfo, poi, trasportandoli nel regno di Napoli, li consegnava al carnefice. Azzone non incrudelì contro alcuno de’ prigionieri; e Lodrisio istesso, pure meritava la morte, come un suddito ribelle, fu umanamente trasportato prigioniero a San Colombano. Questa battaglia famosa di Parabiago viene riferita da due nostri cronisti che allora vivevano; da Galvaneo Fiamma e da Bonincontro Morigia; i quali, per rendere più maraviglioso il loro racconto, asserirono d’essersi veduto da molti sant’Ambrogio che stava in alto, e con una sferza nelle mani andava combattendo per Azzone Visconti. La chiesa milanese però non adottò tal visione, e unicamente attribuì alla protezione del santo l’esito fortunato della vittoria; anzi ora più nemmeno se ne celebra la messa. Al luogo della battaglia presso Parabiago s’innalzò una chiesa dedicata a sant’Ambrogio; la quale, nel secolo passato, fu distrutta, per edificare la più grandiosa che oggidì vi si osserva. Tutte le immagini di sant’Ambrogio che hanno la destra armata d’uno staffile, sono posteriori all’anno 1339, ossia all’epoca della battaglia di Parabiago. Si cominciò, sulla tradizione di questa visione, a rappresentare il saggio, prudente e mansuetissimo nostro pastore con volto furibondo, in atto di sferzare; e si è portata l’indecenza al segno di rappresentarlo sopra di un cavallo, a corsa sfrenata, colla mitra e piviale, e la mano armata di flagello in atto di fugare un esercito, e schiacciare co’ piedi del cavallo i soldati caduti a