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vescovo di Brescia, Arrigo, vescovo di Trento e alcuni altri ben pochi; essendosi ritirati gli altri vescovi, per non concorrere a incoronare e riconoscere un principe che dal papa era scomunicato e non riconosciuto imperatore. Il Muratori non credette che Guido Tarlati facesse le funzioni d’arcivescovo. Il conte Giulini è dell’opinione del Muratori. L’autorità di questi due eruditi uomini è presso me di gran peso; ma nè l’uno nè l’altro dicono la ragione del loro dissenso. Il Muratori s’accontenta d’asserire che Bonincontro Morigia a vero longe abest; il conte Giulini s’appoggia all’autorità del Muratori. Io ingenuamente confesso che le asserzioni loro non mi persuadono abbastanza, per abbandonare il testimonio d’un autore contemporaneo; tanto più che, essendo sempre stato lontano della sua sede frate Aicardo, e dovendosi la consacrazione in Milano fare dall’arcivescovo, niente vi trovo d’incredibile se Lodovico, che aveva in Trento deposto il papa come eretico, e che in Roma ne fece creare un nuovo, altretanto facesse in Milano creando un arcivescovo; sebbene in seguito quel posticcio metropolitano non abbia più nemmeno preteso di conservarsene il titolo.

Della improvvisa morte di Stefano Visconti (dal quale discesero Barnabò, Galeazzo II e i tre duchi Visconti, siccome vedremo) varie sono le opinioni degli autori; alcuni attribuendola a veleno, altri ad eccesso di vino; tutti però sono d’accordo nel riconoscerla improvvisa. Il mausoleo di Stefano vedesi nella chiesa di sant’Eustorgio, nella cappella di san Tommaso d’Aquino; lavoro il