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avanti di morire il governo dello Stato, si trovò esposto alle persecuzioni, più animose ancora di quelle che afflissero gli ultimi anni della vita di suo padre. Già vedemmo che Galeazzo, coll’inquietudine sua incautamente indisponendo i Milanesi, era stato cagione della perdita della signoria, del ritorno de’ Torriani e dell’esilio a cui soggiacque la sua casa. La sperienza di venti anni che erano trascorsi, non aveva reso molto prudente Galeazzo; il quale, nell’anno medesimo in cui morì Matteo, perdette il dominio di Piacenza per un’inconsideratezza appena perdonabile nel primo bollore della gioventù. Il signor Versuzio Lando era uno de’ primari nobili di Piacenza, distinto per il valore, per i costumi e per le ricchezze; egli aveva in moglie la signora Bianchina Landi, bellissima giovine, che amava teneramente il suo sposo. Galeazzo, credette, con poca accortezza, di renderla infedele, ed essa informò il caro sposo dell’insidie che se gli tessevano; e così il Lando, unitosi al cardinal legato Bertrando del Poggetto, occupò Piacenza a nome del papa. In quella sorpresa corse gran rischio d’essere preso il giovine Azzone, figlio di Galeazzo, il quale trovavasi in Piacenza, con Beatrice d’Este, di lui madre. Questa virtuosa donna lo salvò, sottraendolo con poca scorta, al primo avviso ch’ebbe della sorpresa; indi ebbe la fermezza di rimanere esposta al rischio degl’insulti nel suo palazzo, acciocchè non si dubitasse della partenza d’Azzone, e frattanto egli profittasse del tempo per salvarsi; anzi andava ella gettando delle monete ai vincitori, e così fece perdere più lungo tempo. Ma quando s’avvidero poi che in nessun ripostiglio si trovava il giovine principe, troppo tardi s’accorsero del pietoso inganno della principessa madre, la virtù della