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e il papa Benedetto XII, dicianove anni dopo, con sua bolla del 7 maggio 1341, dichiarò e sentenziò iniqui e nulli i processi fatti nel 1322: Processus, et sententias supradictas, ex certis causis legitimis atque justis repertis in eis, inique factos invenimus existere, atque nullos ipsos processus et sententias per archiepiscopum, Paxium, Jordanem, Honestum et Barnabam praefatos, et eorum quemlibet super praemissis, communiter vel divisim, contra Johannem et Luchinum praedictos (erano allora quei due figli di Matteo signori tranquilli di dodici città) habitos atque latos, et quaecumque secuta sunt ex eisdem vel ob eos, de ipsorum Fratrum nostrorum consilio, et authoritate apostolica, inique facta ac nulla atque irritata declaramus. Comunque fossero i processi, certo è che un seguito di tante angustie oppresse l’animo di Matteo, già indebolito anche dalla non più vegeta età di sessantadue anni; e dopo breve malattia, nella canonica di Crescenzago, tre miglia lontano da Milano, finì i suoi giorni il 24 di giugno dello stesso anno 1322, poco più di tre mesi dopo la sentenza. I figli tennero per alcuni giorni occulta la di lui morte; anzi si facevano entrare medici e cibi nella stanza, come se Matteo tuttora fosse vivo; e ciò si fece per aver modo almeno di salvare le di lui ceneri, e riporle celatamente in luogo ove alcuno non potesse insultarle per paura dil pontefice, che il cadavere non facesse remanere insepulto, dice il Corio. Qual carattere abbia fatto di Matteo il Fiamma, si è veduto nel capitolo precedente. La fisonomia di Matteo