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Quindi si sentenziava Matteo Visconti eretico; i suoi beni mobili ed immobili confiscati; veniva privato del cingolo della milizia, dichiarato incapace di nessun ufficio pubblico, degradato da ogni dignità ed onore, e nominato perpetuamente infame, dando la facoltà a chiunque di arrestarlo. In oltre i figli di Matteo, e persino i figli de’ suoi figli, vennero dichiarati incapaci perpetuamente di qualunque ufficio, di qualunque dignità e di qualunque onore. La sentenza è del giorno 14 marzo 1322, data nella chiesa di Santa Maria di Valenza, e la pronunziarono frate Aicardo, arcivescovo di Milano, frate Barnaba, frate Pasio da Vedano, frate Giordano da Montecucco, frate Onesto da Pavia, domenicani inquisitori, alla presenza del cardinale legato. Il cardinal legato, in Asti, pubblicò una remissione plenaria, non solamente della pena, ma della colpa de’ peccati, a chiunque prendesse le armi, e marciasse sotto lo stendardo che ivi fece inalberare, alla distruzione di Matteo Visconti e de’ fautori suoi: Fecit portare vexillum sactae Ecclesiae super solarium de domo; praedicatum fuit ibi, quilibet vir et mulier, qui vellet sequi dictum vexillum ad destruendum dictum Mathaeum et coadjutores ejus, liber et mundus sit tam a culpa, quam a poena; e nella cronaca di Pietro Azario si legge che le maledizioni furono estese sino alla quarta generazione da quel cardinale legato: Sententias excommunicationis proferendo, thesauris Ecclesiae apertis, et undequaque stipendio perquisito contra praefatum dominum Mathaeum et sequaces, usque in quartum gradum suarum progenierum.