Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
riparava da un colpo mortale da esso slanciatogli, doveva almeno non lagnarsi della moderazione istessa con cui se n’era riparato. (1320) Il cardinale Bertrando del Poggetto, il giorno 3 settembre 1320, nella chiesa de’ Francescani in Asti, nuovamente scomunicò Matteo, e nuovamente lo citò a comparire in Avignone. Matteo cercava pure le vie d’un accomodamento; ma le condizioni che si proponevano, erano inammissibili da un uomo che era sovrano, e talmente sovrano, che veniva considerato come un re della Lombardia, siccome dice il Villani. Si voleva che rinunciasse al governo di Milano; che riconoscesse per suo signore Roberto re di Napoli; e che i signori della Torre ritornassero alla loro patria. Queste proposizioni non piacquero a Matteo nè alla città di Milano. Il papa continuava a citare Matteo Visconti; pubblicava incessantemente i monitorii, e in essi gli rinfacciava i delitti: i quali consistevano in esazioni fatte sul clero, giurisdizione esercitata sopra persone ecclesiastiche, autorità adoperata nelle elezioni de’ superiori de’ conventi. (1321) Poi nel 1321, il giorno 20 di febbraio, lo stesso papa Giovanni XXII, con sua bolla, pubblicata dal nostro conte Giulini, condannò Matteo a pagare diecimila marche d’argento; nuovamente lo scomunicò, e lo dichiarò decaduto da tutt’i beni, feudi, onori, ragioni, ecc., e dice che così le sentenziava: Tum quia reatus sacrilegii cognitio et punitio ad ecclesiasticum forum spectat, tum etiam quia, vacante Imperio, sicut et nunc vacare dignoscitur, ad nos et apostolicam Sedem pertinet excedentium hujusmodi in Imperio existentium ausus comprimere,