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a cavallo. Il re gli aveva spedito ordine di consegnargli liberi i due fratelli dell’arcivescovo, ch’egli teneva prigionieri; e Guido non aveva dato riscontro alcuno. Sperava Guido che i consigli de’ Langoschi e di altri suoi aderenti avrebbero dissuaso il re dal venire a Milano; e si fidava che in ogni evento, Vercelli, Novara e Vigevano, ben presidiate città, avrebbero resistito alla venuta di Cesare. Il Langosco, in fatti, e gli altri suoi aderenti adoperarono ogni arte per fare che il re prescegliesse di farsi incoronare a Pavia, e non venisse a Milano. Ma il Garbagnate e il Visconte fecero comprendere ad Enrico che non v’era sicurezza sin tanto che Milano era in potere di Guido della Torre; che anzi era indispensabile che in Milano l’imperatore piantasse la sua sede: poichè, padrone una volta della città, e ricevuta che avesse ivi solennemente la corona del regno italico, alcuno più non avrebbe osato di fargli opposizione. Il re deliberò appunto di così fare. Al presentarsi del re colle sue forze prima a Vercelli, poscia a Novara, nessuna opposizione ritrovò: venne anzi onoratamente accolto e venerato come sovrano. Vigevano fu preso dalle truppe reali senza spargimento di sangue, poichè un medico del paese cautamente ve le introdusse. Il re non permise che si oltraggiassero i vinti, e il solo uso ch’ei fece dell’autorità, fu per sedar le fazioni. Informato Guido di tai progressi, finalmente spedì a Novara anch’egli alcuni de’ suoi, per rendere omaggio in di lui nome al re, e presentargli i due fratelli dell’arcivescovo. S’incamminò poscia il re de’ Romani verso Milano; dove aveva già spedito il suo maresciallo di corte con truppe, affine di preparare gli alloggiamenti; e mentre era innoltrato nel cammino da Novara a Milano, ricevette