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o il venerabile ministro che lo annunziava, o la maestà della cosa che veniva proposta; quindi come i grandi oggetti meritano rispetto e ponderazione somma per ogni riguardo, tempo perciò vi voleva per maturamente esaminarlo, e preparare una confacente determinazione. Con tale artificio l’astuto Bonifacio da Fara offrì il disimpegno per guadagnar tempo e sciogliere il consiglio, come si fece; e il vescovo ne uscì nulla più informato di prima sulle intenzioni del signor Guido della Torre, capitano perpetuo del popolo di Milano.

Guido della Torre si approfittò del tempo, e chiamò a Milano tutti i signori che dominavano nelle città della Lombardia ad un congresso; a fine di concertare il partito che conveniva di prendere intorno la venuta del nuovo imperatore. Erano trascorsi già centoventiquattr’anni dopo l’ultima coronazione, fatta in Milano nel 1186, di Enrico, figlio di Federico I. Gl’imperatori non erano stati dopo quell’epoca nominati da noi, se non o per qualche diploma, ovvero per le guerre che avevamo con essi. Radunatisi questi principi in Milano, Guido propose che tutti seco lui si collegassero a far causa comune per la comune loro salvezza, e, combinando tutte le forze loro in una armata, si portasse questa ai difficili passi delle Alpi, e s’impedisse la insolita venuta d’un imperatore nell’Italia; il che non facendosi, Guido annunziava, non solamente ecclissato lo splendore delle loro famiglie, ma schiantata dalle radici la loro dominazione sulle città. Guido prevedeva esattamente la cosa, come la sperienza mostrò poi. Ma il conte di Langosco, suo suocero, rammentando la devozione che i maggiori suoi ebbero sempre all’Imperio, ricordandosi vassallo dell’imperatore,