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invadendo quella ròcca, nemmeno può dar luogo a discolpa. I bandi, le torture, le case diroccate, la pusillanime paura di morire, anche dopo d’essere vissuto ottant’anni, mostrano un uomo che nulla aveva di grande, nulla di generoso, e che forse nessun altro talento aveva per diventar principe, che la smania di comandare. Durante la signoria d’Ottone si abbandonò l’usanza di condurre il carroccio alla guerra; usanza che da due secoli e mezzo era stata in vigore, e di cui ho parlato al capitolo quarto. Nè questo cambiamento possiamo attribuirlo alle armi da fuoco, le quali si cominciarono ad usare più di mezzo secolo dopo. Forse si cambiò l’usanza del carroccio, perchè allora si introdusse quella di stipendiare una classe di uomini particolarmente addetta alla milizia, e conseguentemente disciplinata in modo, ch’ella non avrà avuto bisogno di segnali tanto visibili per eseguire le evoluzioni: il che faceva di bisogno per rendere uniformi e cospiranti ad un fine le mosse di una moltitudine di cittadini, condotti a combattere senza una determinata educazione a quel solo oggetto. Anche questo costume di assoldare truppe, e inventare una classe di milizia, conduceva alla signoria d’un solo: perchè allontanava da una parte il popolo dall’uso delle armi e lo disponeva all’obbedienza, e dall’altra parte dava il comando d’una forza preponderante nelle mani d’un uomo solo: forza composta di elementi staccati in certa guisa dalla società civile, il ben essere di cui in nessun modo influisce sul loro, e conseguentemente dipendenti affatto dall’arbitrio del comandante.
(1287) Matteo Visconti, col titolo di capitano del popolo, cominciò la signoria di Milano. I nostri scrittori lo chiamano Matteo Magno. Io mi limiterò a chiamarlo