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esentati dai carichi, ai quali i frati e i preti si tennero soggetti nel tributo che tre anni dopo, cioè nel 1271, impose il podestà di Milano Roberto de’ Roberti.
Lasciavasi dai Torriani un’apparente libertà alla patria. Napo della Torre si accontentava del titolo di anziano perpetuo del popolo. Così l’accorto ambizioso regnava senza avere intorno di sè i pericoli che circondano un nuovo sovrano che vuole annientare una repubblica. V’era il parlamento, ossia il consiglio degli ottocento, il quale rappresentava la repubblica. V’era un podestà, che presedeva al consiglio. Ma il podestà era eletto ad arbitrio dell’anziano perpetuo, e il Corio ci ha conservato il giuramento del Piacentino che fu trascelto alla dignità pretoria, ossia podestà, l’anno 1272: Principalmente che iurasse ad honore de la Beata Vergine et il Divo Ambrosio di questa cità potentissimo patrone: ad exaltatione di Santa Chiesia e di Carlo serenissimo re de Sicilia, et a bono stato de la cità e destricto de Milano e de la Turriana famiglia, inscieme con gli amici de quella, remotto ogni odio o amore, gubernerebbe il dominio. Dal quale principio non sarebbe facile il decidere se la città fosse libera, ovvero suddita al re Carlo, ovvero alla casa della Torre; ma continua il giuramento e ci palesa la costituzione di que’ tempi: Item che obedirebbe tutti li precepti della Credentia de Sancto Ambrosio, e similmente li mandati de Napo Torriano, anziano e perpetuo rectore dil populo; e nessuna menzione si fa de’ mandati del re di Sicilia, al quale nemmeno si diede il titolo di signore di Milano. Il solo freno che poteva avere Napo della Torre, era