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1271. I signori della Torre avevano un alloggio grandioso. Il loro palazzo era dove oggidì trovasi la chiesa del Giardino, e in quei contorni si cominciarono a lastricare le strade. Napo della Torre non voleva apertamente palesarsi sovrano, nè romperla colla corte di Roma. Egli teneva in suo potere i beni dell’arcivescovato; teneva esiliato l’arcivescovo Ottone, che per quindici anni non potè mai vedere la sua sede, non che goderne; teneva depressi i nobili ed esuli i fautori del Visconte; ma non si opponeva alle preghiere che la città faceva al papa per essere liberata dall’interdetto. (1268) Venne a questo fine a Milano un legato pontificio, l’anno 1268, cioè sei anni dopo fulminata la censura; e il Corio c’informa che il legato expuose come non levarebbe lo interdicto insine che tutta la plebe e famiglie non iuravano fede ala Romana Chiesia. Il che essendosi exequito: a Turriani dimandò che principalmente si reconoscessino ad Otho Vesconte, come a vero presule e pastore: secondariamente, che fusse restituito quanto era occupato de la archiepiscopale sede: tertio, che a li chierici nel tempo a venire non fosse posta alchuna graveza: le quali cose facendosi, levò lo interdicto. La prima condizione mostra chiaramente quai fossero le mire di Roma, e l’ultima era la più a proposito per sanare la perdita dell’elezione dell’arcivescovo, e rendere il clero della chiesa milanese propenso alle mire di Roma. Gl’interessi dell’Italia, se si fosse avuto in vista di conservarla una nazione sola riunita, erano conformi alle mire di Roma; ma l’interesse personale superò sempre. Quindi anche queste promesse furono senza effetto veruno; poichè nè l’arcivescovo potè venire in Milano e godere delle rendite, nè gli ecclesiastici furono