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gli anatemi non avevano arrestato il corso della grandezza loro. Essi possedevano Como, Lodi, Novara, Vercelli, Bergamo e Brescia; non già con sovranità decisa ed ereditaria, ma indirettamente, con varii titoli e magistrature, esercitandovi il supremo potere. La influenza loro negli affari d’Italia era già tale, che Filippo della Torre si era collegato con Carlo conte d’Angiò e di Provenza, fratello del re di Francia Luigi IX, affìne di far ottenere il regno di Napoli al conte d’Angiò; e l’accortezza di Napo della Torre gli suggerì d’indurre il popolo di Milano ad eleggere esso conte per suo signore per cinque anni, dopo che fu egli dichiarato re di Sicilia. Così, dando l’odioso titolo di sovrano al re Carlo, lontano, beneficato e debole, Napo della Torre dominava con minore invidia nella Lombardia, celando la sovranità e adescando la moltitudine con modi popolari e con largizioni splendidissime, aprendo corti bandite, con mense apprestate sulle pubbliche strade della città, a beneficio del popolo: di che minutamente ne tratta il conte Giulini. Furono magnificamente accolti in Milano, mentre i signori della Torre la reggevano, il papa Innocenzo IV, il quale vi fece ingresso il giorno 7 luglio 1251; il re di Francia Filippo III, nel 1271; il re d’Inghilterra Edoardo, colla regina Leonora sua moglie, nel 1273. Pare esagerato il numero di duecentomila persone, che i nostri autori asseriscono essere uscite da Milano per incontrare il papa Innocenzo; ma certamente la città si andava popolando e crescendo, a misura che in essa si ergeva una potenza capace di mantenervi l’ordine. Le strade della città cominciavano a lastricarsi nel