Pagina:Storia di Milano I.djvu/329

di Milano. Non piaceva al papa che si andassero formando nell’Italia signori troppo potenti; perciò gli erano poco accetti e i Pelavicini e i Torriani ed Ezelino. L’Inquisizione non manco di adoperarsi per abbassare il capitano generale di Milano. I frati predicatori lo diffamavano come fautore degli eretici; e frate Rainerio da Piacenza, inquisitore in Milano, dal pulpito minacciò scomunica ai Milanesi se ricevevano il marchese: e il marchese scacciò l’inquisitore da Milano. Una moltitudine di forestieri s’incamminò processionalmente verso Milano. S’era inventata in Perugia allora l’usanza di flagellarsi, e si era sparsa questa opinione che fosse atto religioso il percuotere se medesimo; onde a turbe andavano, nudi dalla cintura in su, da una città all’altra questi promulgatori del nuovo rito, rappresentando dovunque un orrendo spettacolo di cilicii e di flagelli. Il marchese Pelavicino si diffidò di tanta divozione, e sulla strada fece piantare seicento forche, vedute le quali, la processione rivoltò cammino: Sexcentae furchae parantur; quo viso recesserunt, dice il Fiamma. Sembra che i papi avessero formato il progetto di stendere insensibilmente la loro sovranità anche sopra Milano e sopra la Lombardia, profittando della debolezza dell’Impero e delle civili discordie delle città. A tal fine si opponevano, destramente bensì, ma non risparmiando mezzo alcuno, contro di ogni famiglia che alzasse il capo a primeggiare: poichè, rimanendo alle città il solo partito del principato per dare una forma stabile e sicura al loro governo, quello che