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prigionieri, nella Puglia, dove lo fece impiccare; e gli altri infelici con varii supplizi del pari ivi terminarono la vita loro. Ora i Milanesi avevano in poter loro i prigionieri fatti a Camporgnano, a Casorate, ed il figlio medesimo del nemico, il quale da noi fu restituito illeso al padre, colla condizione soltanto che nè l’uno nè l’altro avrebbero mai più portate le armi contro Milano. Le armate partirono, nè più Federico ebbe che fare con noi.

Se la nostra città fosse stata nel suo reggimento civile tanto saggia, generosa e cauta, quanto si mostrava valorosa, nobile e prudente nelle imperese militari, sarebbe assai più grata la occupazione che ho scelta di tesserne compendiosamente la storia. Mio malgrado l’augusta verità mi obbliga ad alternare imparzialmente il racconto delle glorie esterne, e degli interni mali della patria; in cui l’incorreggibile prepotenza de’ gradi teneva sempre irritato e nemico il partito del popolo; il quale (sensibile, com’egli è) colla virtù e coll’amorevolezza avrebbe potuto affezionarsi ai nobili, e di concerto operar sempre per la felicità comune. I popolari, affezionatissimi a Pagano della Torre, per il beneficio ottenuto dagli avanzi di Cortenova, lo scelsero per loro protettore. Egli soggiornava in Milano, e del pubblico amore ne fa anche oggidì testimonianza l’iscrizione posta al suo sepolcro in Chiaravalle:

Magnificus populi dux, tutor et Ambroxiani

Robur justitie, procerum jubar, arca Sophie,

Matris et Ecclesie defensor maximus alme

Et flos totius regionis amabilis hujus,

Cujus in occasu pallet decor ytalus omnis,

Heu de la Turre nostrum solamen abivit

Paganus, latebris et in umbram utitur istis.

MCCXLI. VI. jan. obiit dictus dominus Paganus de la Turre, potestas populi Mediolani.