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il pretorio; e fu deposto il podestà, dopo avere corso grave pericolo della vita. Dei due uccisi, un solo ottenne la venerazione di santo, cioè san Pietro Martire, canonizzato tredici mesi dopo la sua morte dal sommo pontefice Innocenzo IV. Alcuni anni dopo accadde un fatto simile nella Valellina, quando, l’anno 1277, frate Pagano da Lecco, domenicano, vi si portò con frà Cristoforo e due notai, a fine di processarvi l’eresia; e Corrado da Venosta, signore consideratissimo in quel distretto, lo fece uccidere il giorno 26 dicembre 1277. I Domenicani ne conservano le reliquie in Como, e lo chiamano beato.

Dello spirito di questi tempi ce ne somministra idea il famoso affare della Guglielmina. Questa donna, nata in Boemia, viveva in Milano, dove morì nel 1281. Guglielmina fu tumulata pomposamente a Chiaravalle, le fu recitato il panegirico come beata. Lampade e cerei furonle accesi intorno al sepolcro, che diventava ogni dì più celebre per la guarigione degl’infermi; contribuendo a tale celebrità certa Mainfreda, e certo Andrea, sacerdote, ch’erano stati discepoli ed ammiratori della Guglielmina. L’Inquisizione volle istituire processo intorno a ciò, e la conseguenza di tale processo fu che Guglielmina fu cavata dal sepolcro, e le di lei ossa bruciate; e la Mainfreda fu gettata viva nelle fiamme, e vivo parimenti fu bruciato il prete Andrea. Il popolo credette tutto nascere da prostituzione esercitata sotto velo di religione nelle adunanze della Guglielmina, e tuttora tal tradizione volgarmente vien ripetuta. Il Muratori, da un manoscritto antico che si trova nella biblioteca Ambrosiana, ha scoperto le accuse che si fecero a quegl’infelici. Guglielmina pretendeva d’essere lo