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in tempi più illuminati e felici, formano il principale fregio delle virtù ecclesiastiche. L’inquisitore, nel corso di dicianove anni, aveva fatte incessanti ricerche contro tanti eretici, per modo che l’esempio di molti bruciati, altri banditi, le molte case demolite, molti patrimoni pubblicati, dovevano avere reso ammirabile il di lui zelo al di lui partito; ma del pari resa odiosissima la sua persona a chiunque temeva d’essere accusato di opinioni eterodosse. Ciò non doveva essere difficile in Milano, dove ad un tratto quindici diverse eresie si erano inaspettatamente scoperte, e si volevano esterminare. Era stato bandito, come eretico, Stefano Confalonieri d’Alliate. Il Corio ci dice ch’esso Confalonieri venne avvisato, come per Frà Pietro era misso nel bando. Questo Confalonieri, di cui si doveva diroccare la casa, i di cui beni dovevano essergli tolti, si collegò con alcuni altri malcontenti. Il concerto si fece nelle terre di Giussano con Manfredo Cliroro, Guidotto Sacchella, Jacopo della Chiusa, Tommaso Giuliano, Carlo da Balsamo e Alberto Porro. Colsero essi l’inquisitore, mentre in compagnia di frà Domenico ritornava da Como a Milano, e nelle vicinanze di Barlassina, il giorno 6 aprile 1252, con una falce lo uccisero; e frà Domenico lasciarono sì malamente concio, che in pochi giorni cessò di vivere. Il partito maggiore allora cominciò a risguardarli come due martiri della fede. Uno degli uccisori fu preso e posto prigione. Egli se ne fuggì. Il popolo inquieto, che avidamente aspettava di vederne il supplicio, tumultuariamente strascinò il podestà e i suoi tre giudici, come complici della fuga, al tribunale dell’arcivescovo; saccheggiò