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Io non mi sono prefisso di raccontare tutti gli avvenimenti, ma di trascegliere que’ pochi i quali o sono capaci di darci idea de’ costumi e della felicità di que’ tempi, ovvero sono un seme degli avvenimenti importanti accaduti dappoi. Le inquietudini co’ vicini furono incessanti. I nostri fedeli amici furono i Piacentini, i Cremaschi, i Novaresi, i Vercellesi, e le città più lontane, Verona, Bologna, Faenza e Treviso. I Pavesi e i Cremaschi furono quelli co’ quali maggiormente si stava in guerra. Co’ Bergamaschi, e co’ Lodigiani e Comaschi pure, poco sicura fu la concordia. Ma queste inquietudini, troppo uniformi e insignificanti, non meritano luogo nella memoria de’ posteri. La città di Milano aveva disgraziatamente una guerra civile, assopita per qualche intervallo, ma spenta non mai. Già si è veduto al capitolo quarto l’aperta disunione fra i nobili ed i plebei, scoppiata prima della metà del secolo undecimo. Sia che l’animosità fosse tramandata da padre in figlio per cinque generazioni sino al principio del secolo decimoterzo; sia, il che è assai più probabile, che la prepotenza de’ primi signori inconsideratamente continuando ad offendere i più deboli, ma non meno sensibili, spingesse questi all’associazione ed all’uso della forza; egli è certo che realmente la città era divisa in più fazioni. (1198) I nobili in prima erano collegati contro de’ popolari; ma nel secolo decimoterzo anche i nobili stessi erano divisi, facendo un partito distinto i nobili minori. La plebe formò da sè un corpo politico nell’anno 1198; e questo prese il nome di Credenza di sant’Ambrogio. Questo corpo aveva la sala per le sue radunanze; creava i giudici che decidessero le controversie del popolo; e percepiva una parte delle rendite della