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Federico teneva le forche piantate a vista della città, e i prigionieri li faceva impiccare: ce lo racconta lo stesso Frisingense: Quicumque ex eis deprehensi fuissent, patibuli, quod in praesentiarum erectum cernebant, expectabant supplicium; e quando prese Tortona, Civitas, primo direptioni exposita, excidio et flammae mox traditur: così il Frisingense. Il medesimo Ottone Frisingense ci riferisce per esteso freddamente un fatto atroce; e fa maraviglia come non si accorgesse, scrivendolo, che l’azione era obbrobriosa. Dice egli adunque che l’imperatore Federico, volendo passare un distretto alla Chiusa, dove un monte del Veronese è imminente all’Adige, ritornandosene in Germania, trovò il luogo occupato da molti armati, i quali gl’impedivano il passaggio. Dovette più volte in vano tentare di superarli; finalmente arrampicatisi a stento molti imperiali sulla parte opposta del monte, giunsero a dominare quegli armati ed a superarli. L’imperatore li prese; erano cinquecento, e tutti li condannò subito alle forche, trattone un d’essi, che palesò d’essere Francese, d’essere stato in quella compagnia, senza sapere di opporsi all’imperatore, e d’essere cavaliere e libero; e a questi donò la vita, obbligandolo a fare il carnefice dei suoi compagni. Erant pene omnes qui in vinculis tenebantur, equestris ordinis. Praesentatis igitur praedictis viris principi, ad patibulique supplicia adjudicatis, unus ex eis inquit: Audi, impeator nobilissime, miserrimi hominis sortem. Gallus ego natione sum, non Lombardus, ordine, quamvis pauper, eques, conditione liber, etc.. Hunc solum imperator gloriosus de caeteris sententia mortis, eripiendum decrevit: hoc ei tantum pro