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i cittadini di Bologna di questa loro vittoria. Tutte queste testimonianze, e molto più il partito mansueto ed umano che prese e conservò in seguito Federico, dimostrarono la verità del racconto e l’importanza di quella grande giornata. Aprì subito l’imperatore la strada per accomodarsi col papa Alessandro, pronto a riconoscerlo per legittimo pontefice. Accordò separatamente le condizioni che potevano accontentare alcune città; e così fece a Cremona ed ai Tortonesi. Pareva che cercasse di rendere tutti contenti, purchè si abbandonasse Milano; e la sua politica si rivolse a distaccare da noi gli alleati. Se ne avvidero i Milanesi, non senza inquietudine; ma le pratiche loro, e molto più i veri interessi che ciascuna delle città aveva dovuto imparare a meglio conoscere, non permisero che si rinunziasse a quella unione che rendeva solida la costituzione dello Stato, e dalla quale unicamente ogni città poteva aspettare la sicurezza propria. Nè si lasciò di conoscere che se una città preponderante di forze è necessaria per essere come il centro della riunione, molto più lo era il non lasciare nella Lombardia uno spazio sul quale collocare si potesse una forza già troppo irritata, e animata contro il nome e la libertà dell’Italia. Quest’interesse però non era tanto immediato al papa, il quale accomodò ben presto le cose sue coll’imperatore, esigendo da lui soltanto una tregua per sei anni colle città confederate; di che molto, e non senza ragione se ne lagnarono le città della lega. Così il papa potè entrarsene alla residenza di Roma, d’onde sino allora era stato escluso dal partito imperiale, che vi prevaleva in favore dell’antipapa.
La pace che separatamente aveva fatta Alessandro III coll’imperator Federico, abbandonando le città