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pranzo colla imperatrice, pure incoronata, ed i vescovi colla mitra sul capo; ornamento che allora si rese universale ai vescovi.

Sebbene io creda verisimile l’asserzione del Morena, il quale narra che appena la cinquantesima parte di Milano rimase intatta, non credo io già per ciò che le quarantanove cinquantesime parti della città siano state distrutte in modo che veramente fossero le case dai fondamenti demolite. Una demolizione ridotta a quel segno costerebbe un lavoro grandissimo; e chiunque abbia sperienza di fabbricare, comprende quanto dispendio e quanto tempo vi voglia per appianare una casa di buone e antiche mura. È verisimile che lo sfogo della vendetta de’ nemici desse il guasto alle abitazioni, a tal segno da renderle inservibili; ma probabilmente le muraglie o in tutto o in parte restarono, se non altro nella parte più vicina al suolo; poichè i mattoni, la calce, i travi, cadendo, le dovevano sepellire sotto il mucchio di que’ rottami. E ciò sembrami assai naturale, osservando la capricciosa tortuosità e l’angustia di molte delle nostre vie, singolarmente al centro della città; poichè se non si fossero riattate le case sopra i fondamenti antichi, vedremmo della simmetria, come si vede in ogni città fabbricata tutt’in un tempo. Quel disordine che ci rimane al centro di Milano a me pare che provi l’opinione da me esposta sin dapprincipio, cioè che Milano non abbia fondatore alcuno, ma dallo stato di semplice villaggio, gradatamente crescendo sia diventata una città. Le prime case che piantano gli uomini in mezzo ai campi sono collocate con nessuna legge, ma puramente a libero comodo del padrone; a queste si aggiungono altre abitazioni sul pezzo di terra che ciascuno acquista, e si forma un villaggio