Pagina:Storia di Milano I.djvu/243

mesi, e terminò alla fine di febbraio dell’anno 1162. Non seguì alcuna operazione militare che forzasse alla resa; non furono diroccate le fortificazioni in verun modo; non fu dato l’assalto; ma l’unica cagione della dedizione in quella seconda volta è da attribuirsi alla fisica mancanza d’alimento. Lo storico nostro contemporaneo Sire Raul ci dice che, per provvedere la città, electi sunt de unaquaque parochia civitatis duo homines, et de iisdem tres de unaquaque porta, quorum unus ego fui, ut eorum arbitrio annona, et vinum, et merces venderentur, et pecunia mutuo daretur, quod in perniciem civitatis versum est: parole che non furono abbastanza sinora meditate; perchè la violazione della proprietà, e la mediazione del legislatore fra chi vende e chi compra furono sempre mai operazioni insterilitrici, sebbene di autorità e lucro per gli esecutori, i quali soli parlano per un popolo che non ragiona ed ubbidisce, e perciò continuate per lunga serie di secoli. L’incendio memorando distrusse, in agosto del 1160, quasi tutte le provvisioni. L’esercito nemico, del 1161, cominciò a postarsi tra levante e tramontana della città; poi sloggiò e collocò il suo campo, inviandosi a ponente, poi a mezzodì, sempre facendo fronte verso Milano. Una così poderosa armata copriva frattanto dietro di lei una moltitudine di guastatori, i quali tagliavano i grani ancor verdi, le viti, le piante, e devastavano, per la distanza di quindici miglia, tutte le terre. Poi l’esercito nemico scomparve; e si accampò verso Lodi, lasciandoci il miserando spettacolo d’una terra devastata che non poteva darci nulla; e non lasciando altro compenso