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de Clivate: asserzione sul proposito della quale saggiamente riflette il nostro conte Giulini, che sarebbe stato desiderabile che lo storico ci avesse additato i segni pe’ quali egli s’avvide con tanta sicurezza, che quello era un angelo. Tutti i nostri autori però, ciecamente appoggiati all’asserzione del solo Landolfo, hanno creduto vero un tal prodigio; e nemmeno il nostro conte Giulini si è voluto segregare. Sarebbe stato veramente desiderabile che avessero seguìta l’opinione piuttosto dei vescovi suffraganei e della plebe, che ne fu spettatrice. Ma il meraviglioso seduce; non si ha coraggio di affrontare una lunga tradizione per annunciare la verità, i di cui dritti non si prescrivono giammai; ed è costretta la storia a raccontare di tali inezie, qualora sieno generalmente credute.
Per otto anni ancora, dopo il raccontato prodigio, continuò l’arcivescovo Grossolano a conservare la sua dignità, sebbene con un partito contrario. Il papa lo considerò arcivescovo legittimo, e non cessò d’esserlo, se non quando, portatosi egli, nel 1111, a Costantinopoli, se gli elesse in Milano un successore. Morì frattanto in Germania l’infelice imperatore Enrico III; ciò avvenne l’anno 1106. Corrado, di lui figlio, se gli era ribellato, siccome dissi, adescato da una vana lusinga di essere re d’Italia, ove visse con questo titolo per obbedire a tutti i cenni della contessa Matilde. Anche l’altro figlio Enrico si trovò modo di farlo ribelle al padre. Non si può rinunziare ai sentimenti dell’umanità e della natura più freddamente di