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dalla Chiesa in più concilii. Dopo un fatto cotanto decisivo, non sarebbe stato possibile che i vescovi suffraganei, che erano in Milano pel sinodo, non conoscessero la mano di Dio, e non concorressero a deporre l’arcivescovo. Eppure lo stesso Landolfo ci avvisa che: praesentia episcoporum suffraganeorum huic legi et triumpho favorem integre non praebuit, e il popolo istesso, pochi giorni dopo, cambiossi di parere sul preteso miracoloso passaggio: turba tristis de casu et ruina Grossulani, in presbyterum, et ejus legem post paucos dies scandalizavit. Ci narra di più lo stesso autore che in quella occasione il prete ebbe offesa bensì una mano dal fuoco, ma che se l’abbruciò prima di passarvi; che ebbe anche male a un piede, ma che ne fu cagione un cavallo da cui fu calpestato. La verità sola che oggi possiamo sapere è, che il fatto, come ce lo racconta Landolfo, non è vero. Se qualche fatto simile vi è stato, conviene allargare il viottolo, abbassare e sminuire le cataste, supporre il prete che passi prima di una perfetta accensione; e allora con una mano ed un piede offesi potremo accordare i due fenomeni, il fisico ed il morale. Se poi il racconto fosse imitato da Landolfo dall’altra favola toscana, per vanità di raccontare cose prodigiose, e per farsi nipote di un taumaturgo, allora ne sarebbe ancora più semplice la spiegazione. Nè sarà questa un’accusa troppo severa che noi faremo all’ingenuità di questo storico, il quale ci vuol far credere che un angelo sia venuto ad avvertirlo, che il di lui zio Liprando era ammalato: Mihi angelus occurrit dicens: presbyter Liprandus, rediens a Valtellina, infirmus jacet ad monasterium