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dopo la festa dell’Ascensione ne’ giorni nei quali, secondo l’antichissimo nostro rito, si fanno le processioni e il digiuno, che chiamiamo le Litanie e le Rogazioni: Inanem esse ritum dictitat, nulla Christi vel discipulorum instituitione traditum; ab antiquis tantum idolorum cultoribus usurpatum, qui vere ambire agros in honorem Bacchi, Cererisque solebant; così il nostro Tristano Calchi ci riferisce aver sostenuto Arialdo, che quel digiuno e quelle pie processioni non fossero cristiane, ma un avanzo del gentilesimo. Predicò adunque biasimando quella penitenza, e invitando il popolo a pascersi bene e rallegrarsi nel tempo pasquale. Non è punto da maravigliarsi se a tale invito il popolo lo abbandonasse, anzi si rivoltasse contro di lui. La morale severa predicata concilia partito, perchè si crede santa, e perchè ognuno ama che generalmente gli uomini la pratichino; chi predica il contrario, perde la stima e viene riguardato come un seduttore pericoloso. Declamando in favore del celibato, ebbe fautori; declamando contro il digiuno, rimase in preda al furore del popolo, dal quale fu ridotto a mal partito, e tale, che non si sarebbe salvato, se non fosse opportunamente accorso Erlembaldo. La chiesa nella quale predicava Arialdo è la canonica che sta fuori del ponte di porta Nuova. Ivi corse il popolo con furore. Mal per lui, dice il conte Giulini, se si fosse trovato colà, che il furor del popolo non gli avrebbe lasciata la vita; e male per que’ santi edifizi, se non accorreva prontamente sant’Erlembaldo con gli altri fedeli armati, i quali posero in fuga gli ammutinati, e fecero rendere alla Chiesa