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più si volle permetter dal papa che i monaci di Monte Cassino usassero del canto ambrosiano, che è il più antico della chiesa latina; e venne ordinato che introducessero un nuovo canto. I due legati partirono, lasciando la città immersa più che mai nella discordia. Arialdo era ritornato. Varii rimproveri gli furono detti pubblicamente. Un sacerdote così lo apostrofò: Numquid tu solus per execrabilem Pataliam, et quamplurima sacramenta prava et detestabilia, populi flammam, quae impetu ut mare versatur, super nos accendis?. Da altro ecclesiastico distino era stato così ripreso: Dum hujus inauditae Pataliae placitum cogitasti commovere, qualiscumque intentionis esses, ab aliquo religioso viro prius multis cum jejuniis debuisses consiliari. La voce patalia era quella colla quale si qualificava una dottrina nuova e discordante dalla opinione ortodossa; e coloro che sostenevano opinioni riprovabili chiamavansi patalini, patarini o catari, come oggidì chiamansi novatori. Così i due partiti, protestando ciascuno di sostenere l’ortodossia, vicendevolmente accusavano gli avversari di prevaricare, e si ingiuriavano a vicenda co’ nomi di nicolaiti e di patarini. Le risse, i saccheggi, i tumulti sempre continuavano, anzi andavano frattanto crescendo. Il partito d’Arialdo, rinvigorito dalla sentenza de’ legati, s’ingrossò col numero de’ plebei animati ad umiliare i nobili, e l’accanimento giunse a segno che molti nobili, non avendo più forza per sostenere i sacerdoti, dovettero allontanarsi dalla città, e ritrovarsi un asilo tranquillo nelle terre: Ast nobiles urbis, quorum virtute