solenne, radunò sulla piazza un buon numero di popolo, e alla testa della moltitudine entrato nella chiesa, mentre i sacerdoti celebravano i divini uffici, violentemente scacciolli tutti dal coro, e perseguitolli in tutt’i canti e rispostigli; poscia dispose un editto in cui si comandava il celibato, e costrinse gli ecclesiastici a sottoscriversi. Frattanto si saccheggiarono le case degli ecclesiastici ed alcune si diroccarono. Arnolfo così lo racconta: Die una solemni ad ecclesiam veniens [parla di Arialdo] cum turbis a foro, psallentes omnes violenter projecit a choro, insequens per angulos et diversoria; deinde providet callide scribi Pytacium de castitate servanda, neglecto canone, mundanis extortum a legibus, in quo omnes sacri ordines ambrosianae dioecesis inviti subscribunt, angariante ipso cum laicis. Interim praedones civitatis, praeter aedes aliquas in urbe dirutas, lustrabant parochiam, domos clericorum scrutantes, eorumque diripientes substantiam. Al qual passo di Arnolfo il conte Giulini così riflette: Era per altro ben giusta cosa che quegli ecclesiastici viziosi ed ostinati i quali non volevano cangiar vita, venissero castigati anche col braccio secolare. Egli è ben vero che i rimedi violenti non vanno per l’ordinario disgiunti da qualche disordine; ma pure talora sono necessari; il che suppone che quegli ecclesiastici fossero viziosi e legalmente provati tali; che il loro vizio fosse della classe di quelli che sono sottoposti al braccio secolare; che Arialdo fosse rivestito della pubblica autorità, che legittimamente lo costituisse vindice della disciplina; e finalmente che il modo per esercitare questa magistratura fosse