come vedremo in seguito; e non dimenticò mai l’oggetto di sottomettere l’arcivescovo alla giurisdizione romana, finchè fu innalzato al sommo pontificato per opera d’Ildebrando, col nome d’Alessandro II. Credette l’Arcivescovo di essersi assicurata la tranquillità coll’allontanamento dell’eloquente Anselmo. Ma se non si trovò un uomo di quella autorità, non perciò mancarono altri che decisamente cercarono di animare il popolo contro degli ecclesiastici. Tre uomini si collegarono, Arialdo, Landolfo e Nazaro: Arialdo era diacono; nessuno storico lo nega; Landolfo era cherico, se osserviamo quanto ne scrisse il beato Andrea; non era in modo alcuno ecclesiastico, se crediamo allo storico Arnolfo. Nazaro era uno zecchiere assai ricco, de’ quali due compagni di Arialdo, uno con l’autorità, l’altro col danaro diede molto vigore al partito de’ buoni, dice il conte Giulini1. Convien credere che appunto questo fosse il solo appoggio che Nazaro diede al partito; poichè di lui in nulla si fa menzione, nè io più lo nominerò. I due che figurarono furono Arialdo e Landolfo. Sono concordi i due partiti nell’asserire che Landolfo fosse uomo di nascita nobile; discordano sulla famiglia di Arialdo, gli uni volendola plebea, e gli altri al contrario. Arnoldo, che viveva, in que’ tempi, così comincia il racconto di questa dissenzione: Hac eadem tempestate horror nimius ambrosianum invasit clerum... ... cujus initium et seriem, quum res nostris adhuc versetur in oculis, prout possumus enarremus... Quidam igitur ex Decumanis, nomine Arialdus, penes Widonem Antistitem multis fotus deliciis, multisque cumulatus honoribus, dum
- ↑ Tomo IV, pag. 14.