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consistit, secundum illud apostoli: Si linguis hominum loquar et angelorum etc. Ideo lex concedit sacerdotes semel virginem uxorem ducere, sed conjugium non iterare. Si autem, mortua prima uxore, sacerdos aliam duxerit, sacerdotium amittit. Questa opinione durava ancora al principio del secolo decimoquarto, quando scriveva Pietro Azario, il quale, descritta che ebbe la gerarchia ecclesiastica di Milano, aggiunge: Iis omnibus benedicens beatus Ambrosius, una uxore uti posse concessit, qua defuncta et ipsi vidui in aeternum permanerent. Quae consuetudo duravit annis septingentis usque ad tempora Alexandri papae, quem civitas Mediolani genuerat. E anche un secolo dopo così credevasi; di che ci fanno testimonianza le seguenti parole del Corio, e concesse loro che potessero avere moglie vergine, la quale morendo, restassero poi vedovi, come chiaramente si legge nella prima a Timoteo; parole che trovansi nelle prime edizioni di Milano 1503, e di Venezia 1565, ma che si tralasciarono nelle posteriori ristampe. Quantunque questa opinione di sant’Ambrogio sia considerata erronea; e la pratica di ammettere al sacramento dell’ordine le persone che avevano già il sacramento del matrimonio, si risguardi come un abuso introdottosi posteriormente; egli è però certo che i sacerdoti che vivevano nel 1056, erano nati ed allevati con questo costume e con questa opinione che il matrimonio fosse permesso agli ecclesiastici, e che, almeno da cento anni, tale fosse la loro pratica; il che lo attesta il conte Giulini, che pure è poco amico di que’ nostri ecclesiastici: così egli: Non era così antico, a mio credere, come quello della simonia, nella nostra città l’altro abuso del matrimonio