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questa costumanza concubinato, e i sacerdoti ammogliati concubinarii: io credo che sia più conveniente voce quella di matrimonio e di ammogliati; perchè nel nostro linguaggio comune, le prime parole significano una unione conosciuta illegittima da quei medesimi che la contraggono, e le unioni credute legittime chiamansi matrimoni anche fra gli ebrei e fra i pagani. Livia viene chiamata moglie di Augusto; Ottavia, moglie di Nerone; Domitilla, moglie di Vespasiano, e così diciamo di ogni unione d’uomo con donna, creduta e sostenuta e dai contraenti e nella opinione della loro città per legittima. Il celibato, a cui la Chiesa ha sublimato i ministri dell’altare, allora non era così generalmente osservato. I sacerdoti milanesi, come nel rito, così anche rispetto al celibato, si accostavano alla disciplina della chiesa greca. Disputarono, come vedremo, per conservare questa facoltà di ritenere la moglie. Dico ritenere, poichè il rito non permetteva ad alcun sacerdote di ammogliarsi e continuare nell’ufficio sacerdotale; ma unicamente concedeva agli ammogliati d’essere ordinati sacerdoti, e continuare a vivere colle loro legittime mogli; e perciò credo che sia un dovere di non macchiarli coll’odioso nome di concubinari: non già perchè io preferisca l’antica alla vigente disciplina, ma perchè l’imparzialità della storia mi determina a così fare. Questo concilio ebbe alla testa il sommo pontefice Benedetto VIII, che vi è sottoscritto, e dopo lui vi è immediatamente l’arcivescovo Ariberto: Sanctae mediolanensis ecclesiae archiepiscopus, così egli si qualificò, nè gli altri vescovi chiamarono santa la loro chiesa. Ma l’arcivescovo non si prese molta briga