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Giulio sul lago di Orta. Il luogo era assai forte. Litolfo si mosse per forzarli. Una masnada di militi traditori, come dovevano essere coll’esempio di tai padroni, consegnò nelle mani di Litolfo lo stesso Berengario, da cui erano stipendiati. Litolfo aveva l’anima grande, si sdegnò di vincere senza gloria e di profittare dell’infamia; generosamente lo fece scortare libero nella fortezza. In que’ tempi, sotto Ottone, sembra che qualche lampo si vedesse dell’antica magnanimità romana; e questo ci fa risovvenire di Camillo e di Fabricio. Ma il valoroso Litolfo, amato e venerato allora dagl’Italiani, poco dopo morì, non senza sospetto di veleno. Tali erano le armi di Berengario. Così que’ due cattivi uomini, degni di un infame patibolo, ripigliarono il dominio del regno, per essersi dispersi gli armati colla morte del condottiero. L’arcivescovo Valperto andossene dal re Ottone in Germania, implorando la sua venuta, per liberare Milano e l’Italia da coloro. Giovanni XII, sommo pontefice, spedigli dei legati pregandolo di venire, e offrendosi d’incoronarlo imperatore. (961) Scese finalmente in Italia il re Ottone nel 961, e in Milano nella chiesa di Sant’Ambrogio fu solennemente incoronato re d’Italia, e così ce lo descrive Landolfo Seniore. Interea Valperto mysteria divina celebrante, multis episcopis circumstantibus, rex omnia regalia, lanceam, in qua clavus Domini habebatur, et ensem regalem, bipennem, baltheum, clamydem imperialem, omnesque regias vestes super altare beati Ambrosii deposuit... Valpertus, magnanimus archiepiscopus, omnibus regalibus indumentis, cum manipulo subdiaconi, corona superimposita, astantibus beati Ambrosii suffraganeis universis,