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no di questo artista1, come anche al Laocoonte, che vi è stato adoprato il trapano, di cui lo stesso Callimaco, per quanto si pretende, è stato l’inventore2.

§. 50. Le colonne corintie debbono avere, come è noto, nove diametri d’altezza; ma ciò non ostante le colonne del tempio di Vesta ne hanno undici, compresovi il capitello: donde noi ricaviamo che sia stato eretto questo tempio allorchè si prendevano di già gran licenze nell’Architettura; e che le lunghe colonne fusellate erano già alla moda3.

§. 51. Fu verosimilmente al tempo degl’imperatori romani che si cominciarono ad usare in una particolare maniera le colonne corintie. L’intavolato stesso non poggiava immediatamente sulle colonne; ma si facevano da esso sporgere in fuori dei travi (intendendo di pietra, o di marmo),


che


  1. Vedi Tom. iI. pag. 199. seg.
  2. Vedi loc. cit. pag. 96.
  3. Maggiore era la proporzione delle colonne, tutte di un sol pezzo, del tempio di Cizico, città della Misia, che secondo Sifilino nella vita di Antonino Pio, pag. 269., riportata anche nell’opera di Dione Cassio lib. 70. cap. 4. Tom. iI. pag. 1173., e Zonara Annal. lib. 12. princ. Tom. I. p. 593. D. erano alte cinquanta cubiti, ossiano settantacinque piedi greci, e settantuno di Parigi, come nota il conte di Caylus Rec. d’antiq. Tom. iI. Antiq. grecq. pl. 66. pag. 251., e di diametro aveano quattro cubiti: vale a dire, che erano dell’altezza di dodici diametri e mezzo: dalla quale proporzione si può dedurre, che fossero di ordine corintio, non trovandosi ciò registrato. Gli autori non convengono intorno all’epoca precisa di questo edifizio. Ma si possono conciliare, col dire, che sia stato principiato dall’imperator Adriano, spiegando così Giovanni Antiocheno, cognominato Malala, che Hist. chron. lib. 11. in fine, p. 119. A. lo dice alzato dallo stesso imperatore, come dicono anche il Cronico Alessandrino, e il Paschale, e Winkelmann nel Tom. iI. p. 377.; e che sia stato poi compito da M. Aurelio, e Lucio Vero, come espressamente disse Aristide Panegyr. Cyzic. oper. Tom. I. pag. 241., il quale si trovò presente alla dedica di esso, e in quella occasione vi recitò la citata orazione panegirica. Diremo quindi, che abbia errato Sifilino, e Zonara, o l’autore, che essi hanno copiato, nel dire, che rovinasse per un orribile terremoto sotto l’impero d’Antonino Pio. Si può vedere anche Jebb nella Collettanea storica premessa alle opere dello stesso Aristide, ove all’anno di Roma 922. n. 12. tratta questo punto; ma non mi pare, che abbia pensato a quella conciliazione. Comunque sia questo fatto, stante il piccolo divario di tempo, che correrebbe fra quest’imperatori, sotto i quali l’arte non era ancora tanto decaduta, possiamo dire, che quelle colonne siano state fatte in un’epoca anteriore a quella, che vorrebbe fissate il nostro Autore per la proporzione degli undici diametri; a quella cioè, in cui gli architetti si prendeano già gran licenze di uscir dalle regole. Che fine abbia avuto quel tempio non lo saprei affermare. Trovo solamente presso Codino De Orig. Constantinor. p. 65. B., che da Cizico furono portate colonne in Costantinopoli per il tempio di s. Sofia riedificato da Giustiniano; ed è ben probabile, essere state tolte da quel tempio, che secondo Maiala, e Sifilino era il più grande del mondo; e secondo Aristide pareva una città. Vedi anche le Osservazioni del nostro Autore sul tempio di Girgenti, al §. 26.