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52 | O s s e r v a z i o n i |
ciò, che ha scritto sul disegno. Dal punto centrale d’una colonna sino al centro dell’altra vi corrono dieci palmi, dal che naturalmente si capisce la larghezza degl’intercolonnj1.
§. 42. Sotto il portale, al di sopra della porta della cella di questo tempio, che ora è murata, vi si legge ancora l’iscrizione in due righe, non in più, come è stata posta da altri, che l’hanno copiata2, e anche inesattamente3:
m. manlivs m. f. l. tvrpilivs dvomvires de senatvs
sententia aedem faciendam coeravervnt eisdemqve probave re
§. 43. In questa iscrizione vi sono due parole scritte in una maniera particolare: DVOMVIRES, in vece di DVVMVIRI: e EISDEMQVE, in vece di EIDEMQVE, o IIDEMQVE. Oltracciò vi sarebbe da fare qualche osservazione sul titolo di DVVMVIRI. M. Manlio non è noto; da lui però si rileva, che il pronome di Marco è stato ripreso dalla famiglia di Manlio, benché per il delitto di M. Manlio cognominato Capitolino, fosse evitato come di cattivo augurio4. Ciò si trova confermato da Tacito secondo la lezione ricevuta5, presso cui il Manlio battuto e vinto dai Germani, ha il pronome di Marco. Vi sono scrittori6, i quali dubitano della verità di quella lezione, per motivo che quello Manlio porta altrove7 il pronome di Cnejo8. Ma Lu-
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- ↑ Si potranno vedere le Tavole, e le misure, che darà il lodato Antolini, che confrontano a queste. Si può vedete anche la descrizione, e le figure, che ne ha date Piranesi in un’opera a parte intitolata: Antichità di Cora, sebbene non esattissime.
- ↑ Vulp. loc. cit. lib. 7. cap. 2. pag. 138., Murator. Nov. thes. inscr. Tom. I. pag. 147. n. 4.
- ↑ Apian. Inscr. pag. 184. n. 1., Gruter. Inscr. Tom. I. pag. 128. n. 7.
- ↑ Liv. lib. 6. cap. 12. n. 20.
- ↑ De morib. German. cap. 37.
- ↑ Freinshem. ad h. l. Taciti.
- ↑ Epitome Livii, lib. 67.
- ↑ A favore dell’opinione di Freinshemio contro la lezione ricevuta di Tacito, vi è un’altra ragione, che non ho veduta rilevata dagli annotatori, o interpreti: ed è, che Festo, il quale scrisse dopo Tacito, alla parola Manliæ, ripete quel decreto fatto da’ la famiglia Manlia, e riferito da Tito Livio, come ancora in uso ai suoi giorni; o almeno come non trasgredito prima: Manliæ gentis patriciæ decreto nemo ex ea Marcus appellatur, quod Marcus Manlius, qui Capi-
pag. 6. not. f. La base, o toro, del tempio di Cora è singolare per un non più veduto profilo, fatto in tal maniera incavato con arte, perchè restando il tempio fu di un basamento alquanto alto non venisse tolta alla vista una parte della colonna.