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sull’Architettura degli Antichi. |
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lo; e sono in tutta la loro altezza di palmi ventisette e dieci once1. Hanno scanalature, le quali cominciano dal terzo della loro altezza; e questo terzo ne è senza, e tutto liscio2. Posano sopra la base, la quale non si trova in alcun’altra colonna dorica antica, se ne eccettuiamo due colonne, che veggonsi a Pesto3; e differente è il capitello anche dalle altre colonne doriche, e più rassomiglia al capitello toscano. Questa singolarità è stata cagione, che non ostanti tutte le altre qualità doriche, Raffaello preso lo abbia per un edifizio d’ordine toscano, come si vede da
- ↑ Se il nostro Autore avesse letto bene le Roy, avrebbe veduto, che questa maniera dorica di sette diametri egli l'aveva fissata insieme alle altre. Il di lui sentimento in sostanza è, che l’ordine dorico fosse al principio assai basso, cioè di quattro diametri, o poco più; e porta per esempio il tempio di Corinto, e quello d’Atene dedicato a Teseo: che dipoi fosse alzato a sei diametri, come dice Vitruvio, e finalmente a’ tempi d’Augusto si facesse la colonna dorica di sette diametri. Vedasi questo scrittore Tom. I. par. 2. pag. 35. segg., e Tom. iI. par. 2. pag. 43. seg. Contro un tale sistema ha scritta il P. Paoli la lettera più volte lodata, che si darà qui appresso. Per la proporzione dei sette diametri, il nostro Autore, come ha fatto nelle Osservazioni sul tempio di Girgenti, che si riportano in fine di quelle sull’Architettura, senza ricorrere al tempio di Cora, e il signor le Roy al tempio d’Atene dedicato ad Augusto, potevano trovarla riferita da Vitruvio lib. 4. cap 1. pag. 130. come introdotta prima de’ suoi tempi, vale a dire prima del tempo di Augusto. Questo scrittore non ammette proporzione più bassa, e più antica nell’ordine dorico di quella dei sei diametri, almeno come usata nella Grecia, ignorando forse i tempj descritti dal signor le Roy, seppure non li credeva d’ordine etrusco, o altro che siasi; giacchè quale fosse prima presso i Dori egli nol dice, e scrive anzi non averlo saputo nemmeno i Greci quando da essi presero l’ordine dorico; o perchè nel vedere un tempio di quella maniera nell’Acaja non badassero alle proporzioni giuste delle colonne di esso; o perchè quel tempio non avesse colonne: dubbio, che mi nasce dal discorso di Vitruvio un poco oscuro. Certo è però da questo discorso, che quella proporzione di colonne a sei diametri è stata inventata dagli stessi Greci; e che questi hanno presa dai Dori soltanto l’idea generale dell’ordine dorico. Ma per tornare al tempio di Cora, la proporzione delle sue colonne è di otto diametri compresavi la base, e il capitello, compresovi anche da Vitruvio, e non già di nove, come pretende il signor Piranesi; e ciò asserisco sulle replicate misure prese dal signor Giovanni Antolini, valente architetto, che le darà fra poco alla luce in più Tavole in rame illustrate colle sue riflessioni, e dettagli. Ora supposta quella proporzione di otto diametri, benchè vi da compresa la base, e capitello, possiamo argomentare, che la fabbrica del tempio sia posteriore a Vitruvio, il quale non avrebbe dovuto ignorarlo altrimenti. L’ortografia della iscrizione, di cui si parla qui appresso, e la forma delle lettere, non è certamente dei tempi di M. Manlio, ne’ quali erano più barbare le parole, e più rozza di molto la forma delle lettere, come costa dal confronto, che ora può farsene colle iscrizioni trovate nel sepolcro degli Scipioni, delle quali parlai nel Tom. iI. p. 309 col. 1. A chi è pratico delle tante iscrizioni raccolte da Grutero, Muratori, ed altri, non farà maraviglia veruna ne il coeraverunt, nè il duomvires, nè l’eisdemque; trovandosi la prima parola frequentemente anche nelle iscrizioni del tempo degl’imperarori, e altre parole anche peggio scritte; e sapendosi, che nei luoghi fuori di Roma non si usava tutta la premura per l’esattezza delle iscrizioni, quantunque fatte fu monumenti pubblici, come si usava in questa città.
- ↑ Questo terzo è sfaccettato. Le scanalature del resto hanno poco risentimento, e sono senza pianetto.
- ↑ Non due, ma sei. Vedi qui avanti