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in cui le colonne non oltrepassavano i quattro diametri d’altezza, come quelle di Corinto, di cui si è parlato innanzi; quelle del secondo tempo, come quelle del tempio di Teseo, e del tempio di Pallade in Atene; e quelle del terzo, come quelle del tempio d’Augusto nella stessa, città, che hanno sei diametri. Quelli sono i modelli, che riporta dei differenti stili, e che gli fervono per paragonare tutto ciò che ha veduto e conosciuto di monumenti, e di colonne dell’ordine dorico in Italia. Può ciò non ostante aggiugnervisi una quarta epoca di quest’ordine, fondata sopra un portale di quattro colonne di travertino1 a un tempio di Cora nella campagna romana, otto miglia distante da Velletri. Si ha un disegno scorrettissimo di quello tempio nella descrizione di Cora data da Finy, dal quale è stata ricavata la Tavola in rame, che il P. Volpi2 ne ha data nel suo Latium3. Io però tengo sotto gli occhi dei disegni di quello edifizio fatti dal gran Raffaello, che lo ha disegnato, e misurato con esattezza allorché era in migliore stato che al presente4. Le colonne doriche di etto, il diametro delle quali al pie della colonna è di tre palmi e un quarto, e in cima è di due palmi e otto once; queste colonne, dico, hanno sette diametri di altezza, non compresa la base e il capitel-


lo;


  1. Le colonne sono otto, quattro alla facciata, e due altre per parte; e sono intonacate, come fu detto pag. 25. col. 1.
  2. Tom. IV. Tab. 13. pag. 140.
  3. Voleva dire tutto l’opposto. Il P. Volpi ha scritto prima, e ne ha data la Tavola in rame al luogo citato nell’anno 1717. Finy ha estratte da lui le notizie riguardanti Cora sua patria, e le ha pubblicate in italiano nel 1751. in 4.; ma fenza figure, per quanto io sappia.
  4. Questi disegni, come anche qualchedun altro d’antichi edifizj, si trovavano nel museo del celebre barone di Stosch, e formavano un volume di sopra una ventina di pezzi. Un altro volume di simili disegni di Raffaello si trova nella biblioteca del fu Tomaso Coke, lord Leicester, che si è fatto conoscere nella repubblica letteraria per mezzo della sua Etruria regalis Demsteri. Raffaello fece questi disegni allorché fu nominato dal Papa per essere architetto di s. Pietro in Vaticano. Doveano servire al gran progetto di rimetter Roma quasi sull’antico suo piano, ideato da Leone X. Si trovano dei dettagli su questa impresa in una lettera di Celio Calcagnini a Giacomo Zieglero, contemporanei di Raffaello: questa lettera è unita a due lettere di s. Clemente, intitolate: S. Clementis epistolæ duæ ad Corinthios. His subnexæ sunt aliquot singiulares vel nunc primum editæ., vel non ita facile obviæ Londini 1687. in 12., ed è posta alla pagina 231. [ Noi ne daremo la parte, che riguarda Raffaello, nell’indice delle Tavole in rame del Tomo I. n. 6.