Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/66

48 O s s e r v a z i o n i

Specta vero intra columnarum cælaturas, quo inane, ac expeditum
Corpus oportet demittere.

Come mai un uomo sì dotto, che ha veduta l’Italia, ha potuto pensare, che siasi cercato d’entrar nel tempio per le scanalature delle colonne1, e che ciò sia stato possibile? Altronde la parola vacuo (κενόν) qui non è relativa a quella di corpo (δέμας), come Cantero ha supposto: e non si tratta di rendersi leggero, e svelto; perchè inane, e vacuum sono due parole di significazione differente: la prima vuol dire vacuo, quando una cosa dovrebbe esser piena, e l’altra non suppone che sempre sia piena2. La parola κενόν è presa qui in un senso assoluto, e deve unirli a ὅπου, dove è vacuo. Neppure Barnes ha inteso quello luogo. Crede che Pilade abbia proposto di entrare fra gl’intercolonnj (intercolumnia), come se lo spazio fra le colonne fosse stato chiuso, o che lì fosse potuto entrare nel tempio, o vogliam dire nella cella, allorché si era entrato nel colonnato, che intorno la circondava. Secondo il senso più verosimile di quello passo, le metope de’ più antichi tempj, de’ quali Euripide ci dà un’idea, erano aperte: e davano per conseguenza il solo mezzo di poter entrare nel tempio chiuso. La parola καθεῖναι, demittere, indica pure, che uno dovea calarsi giù; ciò che dovea farsi nell’interno del tempio. Il P. Brumoi non ha trovato in tutto ciò la minima difficoltà; ma ci spiega bensì a quello proposito in una nota, che cosa sieno i triglifi3.



§. 40. Il


  1. Cælaturæ non sono le scanalature; ma lavori d’intagli o bassi rilievi, come già notai nel Tom. iI. pag. 198. not. b.; seppure Cantero non ha inteso dire columnas cælatas
  2. Τὸ κενὸν πᾶν ἐπιθυμεῖ πληρώσεως Quidquid est vacuum desiderat repleri. Clemente Alessandrino Pædag. l. 2. c. 10. p. 223. lin. 25. Tom. I. Secondo lo stesso Clemente Cohort. ad Gent. num. 5. pag. 57. Leucippo Milesio e Metrodoro Chio ammettevano per due principj τὸ πλῆρες καὶ τὸ κενὸν plenum, & inane.
  3. La spiegazione, che dà Winkelmann ai citati due versi, mi pare giustissima. Si dovea però riflettere, che Euripide al v. 128. dice quel tempio ornato di belle colonne; e al vers. 1159. da Ifigenia fa dire al re Toante, che non entri nel tempio; ma si fermi nel vestibolo.
    Ἄναξ, ἔχ᾽ αὐτοῦ πόδα σὸν ἐν παραστάσιν.