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Il secondo supposto, che avete fatto, è che sappiamo, che ogni colonna dorica, aveva 20. strie, ed ogni stria di questa colonna doveva essere di due piedi greci. Da Vitruvio1 si prescrive, che la colonna dorica abbia venti strie, o scanalature. Chi vi dice, che la regola dei tempi di questo scrittore sia fiata anche dei più antichi greci, delle colonne dei quali egli ha mostrato di non aver notizia, come già osservammo?2. Non vi ricordate, che voi stesso scriveste diversamente nel mese di decembre dell’anno scorso3 contro del P. Paoli: I monumenti antichi, e Vitruvio stesso mostrano nelle colonne doriche PER LO PIU’ 23. canali, e tanti ne hanno nello stesso tempio (maggiore di Pesto) le colonne del prim’ordine interno. Perchè lo stesso architetto ne ha fatti 24. alle colonne esterne dei portici, e 16. alle colonne dell’ordine interno di sopra? Vitruvio appoggiato ad una verità geometrica, che i poligoni defcritti dentro dello stesso circolo tante più divengono maggiori, quanti più lati hanno, disegnò al cap. 4. lib. 4., che se una colonna, comparisse troppo gentile, vi è il rimedio di crescere il numero dei canali, per farla apparire più grave, crescendone così la superficie. Meno geometria, sig. Cavaliere, e più memoria . Quella è la terza volta, e non farà l’ultima, che vi prendo in contradizione: ma non me ne maraviglio, perchè le vostre Memorie sono giornaliere, o mestrue al più, sotto la protezione non di Giano bifronte, ma credo di Deucalione, che si tirava sassi dietro alle spalle per farli diventare suoi figli. Contentiamoci di parlare di quella grandiosa fabbrica all’ingrosso, senza entrare in minuti calcoli; finchè qualche illuminato artista, o anche sempliee letterato, facendosi carico di tutte le nostre osservazioni, e difficoltà, ci voglia col tempo dare giuste misure di ogni parte, o avanzo, che vi si trova, come già protestai nell’opera4.

Secondo le parti misurate dal signor barone di Riedesel nella citata opera io ideai l’alzato, che detti nella Tav. VI. lett. A. Eccettuai però dalle misure il basamento per le anzidette ragioni, e per quelle, che voi faceste proporre al P. Paoli nel mese di settembre dell’anno scorso5, allorchè vi giovavano: Molto meno secondo la piasta toscana di Vitruvio, che egli misura sopra il piano della scalinata, siamo in grado di accordare al P. Paoli, di computare la larghezza di questi per la larghezza totale del tempio, come egli vorrebbe, per avere l’esatta somma di tre colonne. La scalinata, come molto variabile secondo il numeri degli scalini, non può mai servire di regola per un’esatta misura, come quelli, che nel nostro caso prescrive Vitruvio, il quale neppure ne parla. Le stesse ragioni dell’esser variabile secondo il gusto degli architetti, e del non parlarne Vitruvio, m’indussero a detrarre dall’altezza anche il frontone, come sono soliti a detrarlo comunemente gli architetti; nel che parimenti mostrate di convenire, scrivendo poco dopo: Lasciando la questione, se Vitruvio nei fissare le proporzioni delle colonne possa aver mai calcolate il frontespizio, che può essere più, meno alto secondo, che posi sopra più, meno colonne, ec. Mi c’indusse anche il leggere in Diodoro, che egli dopo data l’altezza del tempio,

  1. Lib.4. cap. 3.
  2. Tom. III. pag. 51.
  3. Pag. CXCVIII.
  4. Tom. III. pag. 507.
  5. Pag. CXLVIII.