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Dovrete poi far vedere, che queste sustruzioni siano state chiamate da Diodoro coll’altra parola κρηπίδωμα crepidoma. Altro ci vuole, che potremmo provare! Bisogna provare di fatto e non basta dire e con Dione, e con Vitruvio, ed altri autori. Quando si tratta del fondamento di tutta la questione bisogna provare chiaramente: bisogna indicare i luoghi precisi degli autori, se volete esser creduto. All’antica si farebbe detto, e con Dione, e con Vitruvio, ed altri autori. Al presente il gusto di citare è diverso, e con ragione; perchè si può temere che sia una giattanza il citare gli autori appena per nome, per imporre a chi non può, o non sa trovarseli in fonte da rincontrarli. Con me ci voleva maggior cautela, dopo che avevate confessato, che con straordinario coraggio, e pertinace fatica mi sono dato la pena di riscontrare le innumerabili citazioni del Winkelmann, rettificarle, correggerle, aumentarle. Io non mi fido delle citazioni, quantunque io non abbia motivo di dubitarne: figuratevi poi che cosa io faccia, se temo d’impostura, e che lateat anguis in herba.
In fatti, parendomi impossibile, che Dione nominato il primo parlasse a modo vostro, sono corso a vederlo; e ho saputo trovare, che egli in tre luoghi usa la parola κρηπίς crepis equivalente quasi sempre al crepidoma di Diodoro, e al latino crepido: ma in nessuno parla di sustruzioni; e in uno parla anzi di basamento, o zoccolo, per confondervi. Nel primo luogo1 per fare un elogio a Giulio Cesare, scrive, che se Enea, ed altri re, i quali regnarono in Lavinio, e in Alba, gettarono i fondamenti della città di Roma; Giulio Cesare l’avea portata a sì alto punto di gloria, che fra le altre cose aveva anche mandate colonie in quelle città, dove essi aveano regnato: καὶ οἱ μὲν τὴν κρηπῖδα τῆς πόλεως ἡμῶν προκατεβάλοντο ... quumque illi fundamentum urbis nostræ jecerint, ipse tantum ad fastigium eam evexerit, ut præter reliqua sua facta, colonias etiam majores iis urbibus, quarum illi reges fuerunt, deduxerit. Giudicate voi se per crepidine, o fondamento abbia potuto intendere sustruzioni. Dovrete prima far vedere o con buoni raziocinj, o con minuti calcoli, che Roma, o sia l’impero Romano, di cui Enea, e i re d’Alba, e di Lavinio gettarono i primi fondamenti, o lontani principi fosse stato inalzato sopra un precipizio, per aver bisogno di sustruzioni come il Campidoglio. Il secondo passo di Dione2 è dove racconta, che dopo la famosa vittoria navale riportata da Augusto contro Pompeo, il Senato ordinò in onore di lui, fra le altre cose, che si ornasse con rostri di nave la crepidine del tempio di Giulio: Utque sacrarii Julii crepido captivarum navium rostris ornaretur. τήν τε κρηπῖδα τοῦ Ἰουλιείου ἡρῴου τοῖς τῶν αἰχμαλωτίδων νεῶν ἐμβόλοις κοσμηθῆναι. Quel tempio non istava lui declivio del Campidoglio, ma in piano nel Foro Romano3, ove non aveva bisogno di sustruzioni: e se le avesse avute da qualche parte, vi pare, che fossero un luogo a proposito per far onore a quell’imperatore collo scolpirvi dei trofei? Dunque Dione deve intenderli del basamento, dello zoccolo, che girava tutto intorno al tempio forse ornato di portico dalla parte davanti solamente. Nel terzo luogo Dione4 riporta, che l’im-