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sull’Architettura degli Antichi. | 47 |
§. 40 I triglifi sono posti nel luogo, ove ne’ più antichi tempi i travi del soffitto interiore del tempio uscivano in fuori, e posavano fu di un trave retto immediatamente dalle colonne. V’è tutta l’apparenza, che il cornicione poggiasse ancora al tempo di Pindaro sopra colonne di legno; come quello poeta accenna chiaramente nel suo enigma1. Dice Vitruvio2, che s’inchiodavano i triglifi come un ornato sulla testa dei travi, che usciva fuori; ma quella è una mera congettura; poichè al suo tempo non sussisteva più alcun tempio antico; ed egli non dà ragione veruna di quella specie d’ornamento. Pare che si facessero alle dette teste dei tagli, o segature, affine d’impedire che si screpolassero3. L’intervallo, che passa fra due teste di travi, e loro triglifi, chiamato metopa, era riempito di fabbrica, come osserva lo stesso architetto romano; ma sembra che ne’ più antichi tempi quello spazio restasse vuoto; il che dava aria al legname. Mi viene in pensiere quella osservazione per un passo d’Euripide, ove racconta, che nel momento, in cui Oreste, e Pilade concertavano insieme intorno alla maniera di entrare nel tempio di Diana in Tauride, per indi toglier la statua di quella dea, Pilade propose di passare fra i triglifi, in quel luogo dove era il vacuo; come io credo che vadano interpretate quelle parole:
Ὅρα δέ γ᾽ εἴσω τριγλύφων ὅποι κενὸν
Δέμας καθεῖναι 4.
Guglielmo Cantero le ha tradotte contro tutte le regole del buon senso in questo modo:
Spe- |
- ↑ Pyth. 4. vers. 475 - 477. [Parla di una casa di un principe, non di tempj.
- ↑ lib. 4. cap. 2.
- ↑ O piuttosto per imitare i canali dell’acqua, che vi scorreva, cadendo dalla cornice; giacchè per quella ragione medesima si mettono le gocce sotto i triglifi, ove i detti canali vanno a finire. Non mi pare, che simili tagli, o segature potessero impedire, che i travi si screpolassero, non dovendo essere molto profondi.
- ↑ Euripide Iphig. in Taur. vers. 113.[ Il nostro Autore ha ripetute queste riflessioni nei Monum. ant. ined. Par. IV. c. 14. num. 206. pag. 271. seg.