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tematiche, idrauliche, ec.; e qui mi suggerite di principiare dal dire, che il suo stile non è quello di Cesare, e di Cicerone; e che non importa se ha parlato oscuramente, impropriamente, ed equivocamente; quasichè se non si può pretendere, che tutti scrivano con eloquenza, venustà, sceltezza di espressioni, e giro elegante di periodi; non si debba supporre che tutti, e Vitruvio in ispecie, che si crede vissuto nel secolo di Augusto, scrivano almeno col senso comune, senza contradizioni, equivoci, e improprietà: quasichè per parlare di un’arte non bastasse usare dei termini tecnici, e proprj di essa in certe parti; ma bisognasse stroppiare anche la lingua comune, e tutte le regole grammaticali per dare una significazione affatto contraria alla particella et, e farle dire anzi; e quasichè finalmente Vitruvio non dovesse farai intendere che dai suoi, non dai letterati, non da Augusto, o altro imperatore, a cui dirige tutte le prefazioni ad ogni libro della sua opera, ed anzi pare che a lui diriga tempre il suo discorso per animarlo a leggerla, e ad approfittarsene. Ma torniamo al Galiani, e alle altre difficoltà da me propostegli, e da voi neppur nominate.

Dicevo in feconde luogo, che supposta quella opinione, Vitruvio farebbe credere, che nell’ordine toscano vi fosse il fregio, senza darne misura alcuna; mentre la dà di tutte le altre parti sotto,e sopra di esso; o come dite voi, dà tante più piccole misure dell’ordine toscano. In terzo luogo, supponendo il fregio come se lo figura il Galiani, dopo il Perrault, ed altri, nella sua tavola X. in rame, formato di metope, e delle teste dei travi senza triglifi, sarebbe un vero fregio dorico, benchè senza triglifi; perchè questi non essendo altro, che un ornato della testa del trave, non sono essenziali all’ordine: e se veramente nell’ordine toscano vi fossero state queste teste dei travi in fuori visibili, non avrebbero tralasciato o i Toscani, o i Romani di farvi anche i triglifi, o canaletti per la stessa ragione, per cui si fecero nel dorico: vale a dire, o perchè le teste dei travi non si screpolassero, o per imitare, e far meglio scorrere le gocce dell’acqua venuta di sopra; o vi avrebbero posto altro ornamento, come Vitruvio prescrive si faccia alle teste dei modiglioni. Il Serlio1, il Montano2, il signor le Roy3, e tanti altri, che forse capirono questo inconveniente, stimarono meglio fare liscio il fregio senza le teste dei travi in fuori; poco importando loro che diventasse jonico, o corintio.

In quarto luogo il Galiani emenda in Vitruvio altitudinis in latitudinis per fare que’ modiglioni assai più corti; non riflettendo primieramente, oltre la stacciata violenza al testo contro l’autorità di tutti i codici, e stampe, che non si dice da Vitruvio latitudo di una colonna, o altra cosa simile, ma crassitudo; e secondariamente non bada, che con quei piccoli modiglioni fa una specie di dentelli inutili nell’ordine toscano, e proprj, secondo Vitruvio, dell’ordine jonico; i quali uniti al fregio formato di teste di travi, e di metope, fanno dell’ordine toscano un misto del dorico, e dello jonico, e ne travisano la semplicità, e il tuo vero ca-

  1. Lib. 4. pag. 6.
  2. Lib. 1. tav. 3.
  3. Sec. part. pl. 1.