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Barbier, e da altri, che i triglifi vi erano; non ebbi più difficoltà di asserire nelle dette pagine, che tutte quelle fabbriche erano doriche: e ciò, torno a dire, molto prima, che voi scriveste, o pensaste a scrivere: nel qual tempo dissi allo stesso sig. Barbier in compagnia del sig. du Fourny, altro giovine architetto francese di uguale buon gusto e merito, mio e vostro amico distinto, che mi confermavo a credere quelle fabbriche opera de’ Greci, perchè tra gli altri argomenti, che ne avevo in pronto, avevo anche trovato notizie da fare una nuova storia della città di Pesto, provandola di greca origine, come avrei fatto nell’indice dei rami, con tutte quelle ragioni, che voi lodaste replicatamente. Sì fatto dubbio, come anche il non avere per allora appurate tutte le dette notizie storiche, mi fece al principio sospendere il giudizio riguardo all’opera del P. Paoli, che non volevo condannare senza buoni argomenti; e pensai di contentarmi alla prefazione di Winkelmann, e appresso, di citare in pie di pagina storicamente la di lui opinione diversa, senza impegnarmi nè a lodarla, nè a biasimarla; ma bensì spesso richiamando il leggitore all’indice dei rami, ove ne avrei trattato di proposito.
Eppure voi assicurate, che io mi ero lasciato sedurre dall’opera maestosa del P. Paoli, e ne date la ragione, perchè ero nuovo nelle Belle Arti. Certo: ero nuovo nelle Belle Arti dopo che, se non altro come dissi avanti, avevo già pubblicato i due primi tomi della Storia delle Arti del Disegno: quei due tomi, che voi encomiate tanto, con tutte quelle mie fatiche, diligenze, e ricerche piene di erudizione, come voi dite: dopo che voi mi fate l’onore di avanzare con della caricatura, che, non contento di questo, non ho risparmiato di assiduamente interrogare con indefessa premura i Letterati più celebri, e GLI ARTISTI PIÙ’ SAVII di Roma, per venire sempre più in cognizione della verità nei punti più delicati DELLE ARTI, nei quali conviene, per iscoprirla, essere egualmente GRANDE ARTISTA, che Letterato: nuovo forse, perchè avendo a parlare di fabbriche di ordine dorico, io non sapessi i loro caratteri, e proprietà; non ostante che io ne avessi scritto diffusamente fin dal principio contro Winkelmann, Major, ed altri. Per quella mia novità mi lasciai sedurre dall’opera maestosa del P. Paoli: e quando? nel tempo stesso, che io proposi a lui qualche non piccola difficoltà, in risposta alle quali egli scrisse quella lettera, che mi confermò maggiormente in quella opinione, come vi ho fatto vedere; e nella quale egli stesso conchiude: Se di ciò resterete persuaso, gradirò e non poco, di aver arrolato un uomo assai rispettabile per la sua intelligenza sotto l’insegna della mia opinione: che se poi continuerete nella vecchia, e volgare credenza, che tutta quest’arte colle sue invenzioni debbasi a Greci, io continuerò ciò non ostante nella medesima stima pel vostro sapere, e nella stessa osservanza, ed amicizia. per la vostra persona; ben consapevole, che in materia di scienza, e dottrina non sono poi così facili gli uomini a rinunziare alle proprie opinioni.
Con tutto questo la vostra testa si figurò, che io credessi, e sostenessi in voce con voi, ed altri l’opinione del P. Paoli; e che mi ci confermasse la sua lettera, finchè restituii le rovine di Pesto, mosso dalle ragioni di voi, che ne quistionaste il primo, all’ordine Dorico, e togliendole agli Etruschi. Grande